Ero tutto impegnato a vivere. O, a ben guardare, si potrebbe dire che uno che propone questa frase sia più che altro coinvolto in un processo di sopravvivenza. Insomma, ero impegnato. E non a scrivere. Fatemivi bastare.
Non saprei di preciso dire il momento nel quale ho capito fosse uno dei miei.
Se quando ha trattato con malcelato sdegno una potenziale cliente che chiedeva se si trovasse la versione economica di un libro appena uscito o se quando ironicamente ha espresso dispiacere per la scoperta della relativa recente scomparsa dell’autore di uno dei libri che gli stavo chiedendo.
Al tutto di certo ha aiutato l’utilizzo della parola “cazzo” quando si è trattato di esprimere il concetto che un certo autore valga…poco.
Poi a me, quei tipi di bibliotecari che ti dicono “devi leggere questo” mi conquistano. Lui ha addirittura preso un libro che mi stava consigliando per leggerne l’inizio ad alta voce. Insomma, robe da pazzi. E quale pazzo che sono sembrano tagliate su misura per me.
Insomma certe cose le fiuti anche senza conoscerne la motivazione o saperne descrivere concretamente il processo. Roberto (questo è un nome di fantasia, la mia non quella dei suoi genitori. Per i suoi genitori si sarebbe chiamato Riccardo) il bibliotecario nel quale mi sono imbattuto questo fine settimana, è uno dei miei.
Tornerò a torturarlo con i nostri confronti fintanto che non lo licenzieranno. Cosa che, visto l’atteggiamento ma soprattutto i tipi di persone con le quali si ferma a parlare mentre lavora, succederà di certo.
Ultimamente sono in una lenta battaglia con Fedor. Considerato e consigliatomi come uno dei più grossi scrittori e punto di riferimento imperdibile, beh ho preso il coraggio di addentare le pagine dei Fratelli Karamazov e qui mi trovo. Quella che segue è una mia analisi parziale. Parziale sia perché non sono arrivato alla fine del libro sia perché tale risulta la mia capacità di critica letteraria.
Posso dire che senz’altro mi pare che il romanzo sia scritto per altri ritmi di vita. È molto lungo. Molto. E non mi riferisco solo al numero di pagine, che di sicuro sono molte, ma più che altro alla sensazione che mi dà. Come Fedor si fosse seduto lì dicendo: “non abbiamo nessuna fretta. Mettetevi comodi. E se si tratta di aprire un paio o tre di capitoli di fila a mo’ di parentesi…così sia”. Tanto da farmi pensare che probabilmente all’epoca nel quale è stato scritto l’idea fosse quella di offrire un’opera che potesse esser letta ad alta voce attorno al fuoco per intrattenere un’intera famiglia. Per mesi e mesi. Insomma ci vedo la cura della descrizione interna (i più fichi ho scoperto che la chiamano “psicologica”) dei personaggi così come la capacità in alcuni passaggi di trasmettere una sensazione, uno stato d’animo. Ripeto, il mio giudizio è parziale. Non fidiamoci. Dovremo aggiornarci.
Mi sono fermato (solo in senso figurato) ad ascoltare l’ennesimo podcast del dottor Andrew Huberman. In particolare uno sulla meditazione. Andrew ha la capacità di trasmettermi le cose in una maniera che mi cattura. Estrema competenza assieme a umiltà e passione nel trasmettere il necessario senza dover apparire saccente. In più il tipo ammette di non essere un super eroe. Categoria questa, quella dei non super eroi, che scarseggia al giorno d’oggi. Dove mi giro mi giro sono circondato da persone che danno consigli su come tirar fuori la miglior versione di me stesso, come riuscire a imparare di più, più in fretta e senza sforzo. Molti mi spiegano perché lavorare sia da perdenti, come fare i milioni, perché non esser contento finché non ho così tanti soldi da poter comperare macchine delle quali mi vergognerei e farmi foto con montagne di contanti. E’ pieno di esperti che mi propinano i 3 segreti, i 5 consigli, la ricetta per far sì che la mia vita sia più lunga. Insomma, tempi duri per i normodotati.
Ho scritto a Andrew per vedere se ci mettiamo assieme e tiriamo fuori un libro.
Nel frattempo si è ritirato Sua Maestà Roger Federer. E’ una cosa triste. Una delle tante di questo periodo.
Qualcuno un tempo mi disse che si inizia ad invecchiare quando i nostri idoli calcistici hanno meno anni di noi. E io lì a pensare che sarei rimasto a lungo bambino visto che non credevo che sarei diventato mai più vecchio di Roberto Baggio. Vabbè, ma lasciamo stare me e il Divin Condino.
Roger dicevamo. Basta, ha detto basta. Ci lascia con un vomito di record e una eleganza che difficilmente ci dimenticheremo e ricercheremo per sempre nei prossimi fenomeni che sbocceranno rischiando solo di crogiolarci nei “eh ma lui era un’altra roba”, “io una volta l’ho visto giocare”, “ma ti ricordi quella volta che…”.
Io non lo capisco. Non l’ho mai fatto. Come quando mi è capitato di guardare una tigre. Non posso nemmeno sognare di esser lui. Non ce la faccio. Lui appartiene ad un altro cielo del paradiso. Lui ha talento, classe. Lui.
Io…mi sento solo di dirgli grazie. Non ho altre parole. GRAZIE. Insomma me lo sono goduto fin tanto che ho potuto e poi…il bimbo si è guardato allo specchio, vi ha scoperta riflessa la faccia più simile a quella di suo padre che a quella che credeva e gli occhi si fanno caldi e umidi. Qualche lacrima è scesa. Una delle tante di questo periodo.
Per ora può bastare. Vi auguro di trovare un po’ di normalità.
Ah, sì…senza che me lo chiediate tutte. Non vado con nessuno. No, non simpatizzo. In questioni di cuore non ho un piano B. Mai.
Immaturo, persona che non sa perdere, antisportivo, pensavo tu l’avessi superata. Ditemi quello che volete.
Credetemi, io non ce la faccio.
E’ più forte di me.
Spero che perdano. Tutti.
-1335 giorni.