Certe cose ci colpiscono a livello emotivo.
Alcuni avvenimenti toccano qualcosa dentro di noi, ci destabilizzano, turbano quella che fino ad allora era una sorta di quiete, di equilibrio più o meno stabile.
Alcune risposte, certe reazioni le conosceremmo pure a livello teorico. Ma non è su quegli spartiti che si suona questa musica.
Ci si può sforzare, si cerca di razionalizzare e forse, ma dico forse, è giusto pure provarci.
Per quanto sembri scontato e mero esercizio di retorica, affinché si creino alcune cicatrici abbiamo bisogno di tempo.
Ecco, non so esattamente come questo lavori o concorra nella risoluzione di alcuni dolori.
Ho l’impressione che sia necessario prenderselo, essere certi di guardare la sofferenza e la tristezza negli occhi ne richiede un po’. Ce n’è bisogno per comprendere e accettare che quegli occhi nei quali stiamo guardando non siano altro che i nostri e che quelle lacrime non continueranno a scendere per sempre…
…ci vuole tempo. Ecco, a me un mese non è ancora stato sufficiente. E va bene che sia così.
Questo mese ho letto con gioia e golosità tre libri.
“Ecce homo” di Nietzsche l’ho incontrato perché…mah? Non saprei dire perché l’abbia incontrato ma posso cercare di raccontare cosa vi abbia trovato. Ho avuto l’impressione che mi mancasse molto contesto sulle opere dell’autore per riuscire a godermelo a pieno eppure qualcosa mi porto dietro. La distruzione dell’idealismo. L’accettazione del fatto che la vita in sostanza non sia tutta rose e fiori e che sul nostro percorso di marrone non troveremo solo la Nutella ma tanto, tanto altro e che ciò sia pur sempre fondamentale.
Molti passaggi non sono riuscito a comprenderli, altri non li ho condivisi ma di sicuro è un autore che mi ha fatto riflettere.
Mi ha fatto pensare come spesso si ricerchino fonti che ci consentano di rimanere nella nostra linea di pensiero. Scritti, autori e persone che confermino in qualche maniera ciò che stiamo pensando e il nostro modo di vedere le cose. Di sicuro Friedrich può offrire qualcosa di alternativo. Per quel che mi riguarda questo è stato solo un piacevole rincontro e sono sicuro che più avanti ci ritroveremo.
Quante volte abbiamo sentito la frase “non giudicare un libro dalla sua copertina”? Che poi, ma chi l’ha detto? Li facessero senza copertina allora. Insomma, una volta in libreria “Discorso sul metodo” mi ha catturato fin da subito per la sua copertina. Il fatto che io sia ignorante su pressappoco tutto, compreso quindi Descartes, ha fatto si che ci vedessi la possibilità di imparare qualcosa e quindi…eccomi a casa a vedere cosa avesse da offrire 400 anni or sono questo francese.
Mi è piaciuto ma cercate altrove di cosa tratta. Ciò che voglio condividere è come la sua visione, seppur con una spinta chiaramente scientifica, sia impregnata di religiosità e da questa influenzata al limite della colpevolezza. Si, come leggera attenuante ci sta il fatto che magari ai suoi tempi la massima istituzione religiosa perseguiva in maniera anche piuttosto cruenta chi tentava di portare ragione ad un mondo che avrebbe voluto che spiritualità e religione si fondessero e reggessero il resto del mondo. Tradotto, ci sta che se ti dicono “guarda che se non sei dei nostri ti mettiamo al rogo” ti venga l’idea che poi in fin dei conti dio sia un gran figo. Insomma ai miei occhi si è un po’ sputtanato ma non so se posso dargli completamente torto.
“Il piacere di scoprire” giaceva invece da un sacco di tempo su una mensola e da la il ghigno di Feynman mi guardava insistentemente. Che volete che vi dica, ho un debole per le menti geniali che non si prendono poi troppo sul serio. Mi piacerebbe essere così (si, come avrete facilmente immaginato, rischio di correre l’errore di prendermi estremamente alla leggera, di essere un gran coglione quasi volessi in questa maniera bilanciare il fatto di non possedere genialità. Insomma, spesso non mi rendo conto del fatto che se un genio eccentrico può affascinare, un mezzo coglione sarcastico…beh, un po’ meno.
Sentitevi invece liberi di mandarmi una mail per farmi i complimenti e fingere che anche in me ci sia una punta di genialità. Che lo crediate davvero o meno, a me farà piacere).
Quello che mi è piaciuto di questo libro è il fatto che metta a nudo la fragilità di molte tesi e molti tipi di pensiero difronte a quello scientifico. La necessità che vi sia onestà intellettuale e che sia assolutamente fondamentale lasciare spazio al dubbio e prendere coscienza della propria ignoranza hanno risuonato chiaramente dentro di me. Parti mi hanno annoiato in mezzo a tecnicismi ma altre le ho sottolineate e le porterò con me.
Il bimbo che a novembre e dicembre entrerà in letargo.